martedì 4 maggio 2010

Salviamo la politica


La politica di oggi, troppo spesso, non appassiona più perché è troppo contaminata dagli affari, dalle prebende e dagli interessi personali. Raramente s’incontra un uomo politico capace di parlare al cuore della gente, capace di suscitare emozioni e trasmettere idee. Per gli uomini e le donne del terzo millennio globalizzato il sostantivo “politico” è diventato sinonimo di “affarista”.
Oggi è francamente difficile, se non impossibile, convincere le persone, soprattutto i giovani, che la politica è lo spazio ideale in cui si confrontano principi ed idee per la realizzazione di una società giusta: i cittadini guardano alla politica con sempre meno interesse e sempre più diffidenza. Troppi uomini politici, a livello nazionale così come a livello locale, sfruttano le cariche istituzionali, a loro conferite in nome del popolo, per raggruzzolare qualche manciata di denari.
La politica di oggi, non solo quella italiana, sta volando troppo in basso, talmente rasoterra che rischia di sprofondare. Non si tratta di facile moralismo borghese da salotto e, si badi bene, non si tratta nemmeno di giustizialismo forcaiolo: è chiaro a tutti che l’esercizio del potere pone, da sempre, coloro che lo esercitano in una posizione di perenne tentazione. Quando si gestiscono milioni e milioni di euro, quando si è consapevoli che da una propria decisione possono dipendere sviluppi economici di una certa rilevanza, quando si ha a che fare con l’impresa e la finanza, lì, il rischio di commistione tra politica e affari è elevato.
Molto spesso, in Italia come altrove, la politica invece che rappresentare – come dovrebbe essere – lo spazio pubblico in cui si confrontano e si realizzano le idee, si è trasformata nel luogo prediletto dello scambio clientelare: un “do ut des” che puzza di marcio e che spesso rende irrespirabile l’aria circostante le pubbliche Istituzioni.
Il rapporto tra la politica e i cittadini si fa, via via, ogni giorno più difficile. Le ragioni della sempre più marcata distanza che la gente dimostra rispetto alla “casta politica” non sono solo da ascrivere alla diffusa “logica affaristica” che muove troppi politicanti: non è solo colpa degli scandali, della corruzione e delle mazzette se gli italiani votano sempre meno e sempre meno si interessano della politica.
Il vero problema della politica dei nostri giorni è legato in modo indissolubile anche alla “comprensibilità” della politica stessa: i cittadini, gli uomini, le donne, i ragazzi, le ragazze, i padri, le madri e i nonni di questo nostro paese non capiscono più il linguaggio che utilizzano i politici. Alla gente normale, la gente che si sveglia presto al mattino, lavora, sgobba e porta a casa lo stipendio ogni mese, non interessano tanto le “parole” dei politici, interessano solo i “fatti”. E i fatti, talvolta, latitano: tanto a sinistra quanto a destra.
La gente vorrebbe vivere in un paese con dei treni, non dico belli e puntuali, ma almeno decenti e puliti; la gente vorrebbe vivere in un paese con degli ospedali attrezzati e funzionanti; la gente vorrebbe vivere in un paese con i delinquenti chiusi in carcere e con i poliziotti in strada; la gente vorrebbe vivere in un paese con il crocifisso ben saldo al muro delle aule scolastiche. Niente di ché insomma: nessuna rivoluzione cruenta, nessun cambio vorticoso, nessuna scossa. Solo fatti: che vadano nella direzione che vuole la gente.
Qualcuno, forse, potrebbe dire che è basso “populismo”. Nient’affatto, è democrazia.
Perché “democrazia” non è sinonimo solo di parate anti-fasciste, di sperticate lodi alla Costituzione e di battibecchi televisivi: democrazia è anzitutto realizzare quello che il popolo vuole, nell’ambito della legge naturale e della tradizione della propria civiltà.
E’ necessario riscoprire al più presto un’autentica passione popolare per salvare la politica dalla sua fine: è necessario comprendere che la più importante “riforma” che la politica può attuare non passa per le pur auspicabili modifiche degli equilibri costituzionali ma, molto più semplicemente, passa per il rapporto diretto tra il “politico” e il “cittadino”. Ecco cosa c’è da riscoprire: la gente, la nostra gente.
C’è una ragione, infatti, alla base del crescente consenso, sostanzialmente trasversale, che la Lega Nord sta ottenendo da qualche anno a questa parte: questa ragione risiede nella grande capacità di ascolto e di risposta, in termini di fatti, che la classe politica leghista – partendo da Umberto Bossi e arrivando fino all’ultimo dei militanti – ha dimostrato di sviluppare nel tempo.
La Lega dialoga con i cittadini, ascolta le loro esigenze e comprende le loro paure: è per questo che è in grado di fornire delle risposte politiche valide, concrete e realizzabili. Non ci sono teorie, sovrastrutture o programmi immodificabili, ci sono solo solidi e sani principi. Come diceva Joseph de Maistre la politica è una “scienza sperimentale”: così la buona politica non deve essere ideologica e settaria ma deve saper cogliere, partendo da valori condivisi e ascoltando le istanze dei tempi, le necessità vere del popolo.
E’ esattamente questo che manca alla politica di oggi: la capacità di farsi interprete e megafono risolutore dei bisogni della gente. Dalle necessità più piccole ai più grandi problemi del paese: urge una nuova classe politica che sappia davvero parlare alla gente, magari con parole semplici ma appassionate, sincere, vere.

Emanuele Pozzolo

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