sabato 20 novembre 2010

Il manifesto pro-life di Benedetto XVI


Articolo pubblicato su "La Padania" di venerdì 19 novembre 2010

Che Papa Ratzinger non sia un mieloso predicatore attento a non urtare le moderne sensibilità del “politically correct” si è capito da tempo: Joseph Ratzinger ha sempre avuto il coraggio di dire tutto quello che pensa, fino in fondo, e ha sempre dimostrato incredibile determinazione nel difendere i valori più profondi dell’identità cristiana.
Ieri, a Roma, durante il saluto ai partecipanti della “Conferenza internazionale per gli operatori sanitari”, Benedetto XVI si è confermato uomo capace di non indietreggiare minimamente innanzi alle ideologie radicali e laiciste del nostro tempo: con grande franchezza il Papa ha affermato, senza mezzi termini, che “l’amore per la giustizia, la tutela della vita dal suo concepimento al termine naturale, il rispetto della dignità di ogni essere umano, vanno sostenuti e testimoniati, anche controcorrente” perché “i valori etici fondamentali sono patrimonio comune della moralità universale e base della convivenza democratica”.
Non piaceranno le parole del Santo Padre a molti ideologi e sostenitori della “cultura della morte” che “con il ricorso a tecniche artificiali di procreazione comportanti distruzione di embrioni, o con l’eutanasia legalizzata” tentano di proporre un’immagine distorta e gravemente impoverita della vita umana.
Il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato, ieri, a difesa della vita, “dal concepimento fino alla morte naturale”, rappresenta di fatto un vero e proprio “manifesto pro-life” che dovrebbe essere sottoscritto da tutti coloro che, da cristiani e da occidentali, avvertono l’importanza di non cedere irragionevolmente alle sirene del laicismo.
E’ difficile non notare l’assonanza delle parole di Benedetto XVI con quel “Patto per la vita e la famiglia” che il Governatore del Piemonte, Roberto Cota, ha sottoscritto con il mondo cattolico piemontese: “un aborto non è mai una vittoria per nessuno ma è sempre una sconfitta” disse Cota al momento della firma del patto, aggiungendo che “la vita è veramente e pienamente vita fino alla morte naturale”.
A ben vedere, infatti, nel panorama partitico italiano, è proprio la Lega Nord l’interlocutore politico più affidabile e sicuro per interfacciarsi con il “mondo cattolico”, soprattutto, in merito alla difesa dei valori “pro-life” molto cari a Benedetto XVI.
L’impegno degli uomini e delle donne della Lega in merito ai temi “eticamente sensibili” è stato, da sempre, molto netto: “siamo contrari ad una politica anarchica sui temi etici” ha più volte ribadito il parlamentare leghista Massimo Polledri. E, dati parlamentari alla mano, sono proprio gli onorevoli e i senatori leghisti quelli che, durante le votazioni sui provvedimenti di rilevanza etica, hanno mantenuto la posizione più compatta e più coerente a difesa della vita in ogni sua fase.
L’attenzione e il rispetto della politica verso la vita in quanto valore irrinunciabile rappresenta uno dei punti qualificanti del pontificato di Joseph Ratzinger, che più volte si è speso in prima persona – scandalizzando anche taluni cattolici ed ecclesiastici benpensanti – proprio per ribadire con forza il richiamo in favore di una “politica per la vita”.
In un tempo come il nostro, dove confusione valoriale e relativismo assoluto, sembrano trionfare serve che da parte del Capo della Cristianità giungano, come accade, parole coraggiose e chiare: perché tra le fila cattoliche (e anche tra alcuni politici sedicenti cattolici) regna troppa confusione.
Il “manifesto pro-life” che ieri il Papa ha pronunciato deve rappresentare la stella polare per tutti i cattolici impegnati in politica: senza infingimenti e senza balbettii, è giusto e necessario che le parole del Santo Padre vengano prese in seria considerazione da chi, come la Lega ha sempre fatto, si propone come paladino dell’identità cristiana delle nostre terre.
Manipolazione genetica, eutanasia e aborto: ecco le tre grandi sfide che attendono di essere affrontate, con fede e ragione, da parte di tutti coloro che si rifanno alle nostre radici cristiane.
“Sono contrario alla legalizzazione dell'aborto perché la considero una legalizzazione dell'omicidio”, scrisse una volta Pier Paolo Pasolini. E Pasolini non è certo un personaggio sospetto di essere un pericoloso “reazionario integralista” né un “clericale d’altri tempi”. No, non si tratta di essere bigotti, integralisti o, peggio, baciapile: si tratta solo di voler difendere il bene più prezioso che abbiamo, ossia la nostra vita.

Emanuele Pozzolo

lunedì 8 novembre 2010

La sinistra annega tra le onde del gossip


Articolo pubblicato su "La Padania" di sabato 30 ottobre 2010

C’era una volta la sinistra, in Italia. Era fatta dai comunisti e dai socialisti, con l’aggiunta di qualche eretico cattolico. C’era una parte politica che si cullava nel vano sogno sovietico e che mirava all’instaurazione di paradisi in terra. C’era un senso di appartenenza profondo, a sinistra, fondato su valori discutibilissimi ma comunque degni di rispetto.
Alcune lotte a favore dei lavoratori e certo modo pulito di intendere la politica – da parte dei “comunisti” – meritano indiscutibilmente un sereno riconoscimento storico, da parte di tutti. L’essere di sinistra di un Antonio Gramsci, di un Nicola Bombacci o di un Enrico Berlinguer era dettato, anzitutto, dalla passione per la causa del popolo.
La sinistra era, una volta, l’interlocutore politico primo e naturale della gente semplice: si andava alla sede del “partito” (quello comunista) per rivendicare diritti, scambiare quattro chiacchiere polemiche e per sognare un futuro nuovo e diverso. Poco importava alla gente se il futuro che sognavano e volevano i comunisti era un futuro senza speranza, un futuro cupo e terribilmente dittatoriale. La gente voleva che le cose cambiassero: e la sinistra si batteva in questo senso.
Come ha scritto e cantato l’indimenticato e indimenticabile Giorgio Gaber:
“Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos'altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa.”
Oggi, che il Partito comunista italiano non c’è più da tempo, i “comunisti” sono orfani di una grande storia politica: mancano gli uomini, le idee, il coraggio e la coerenza. La sinistra di oggi ha abbandonato le fabbriche e si è seduta sulle vellutate poltrone dei salotti borghesi. La sinistra moderna ha abbandonato tutta la grande tradizione popolare delle classi operaie per abbracciare i desideri più velleitari delle lobby omosessuali, massoniche e transnazionali. La sinistra di questi giorni si fa scudo degli sprechi e delle ruberie di qualche “furbetto” dimenticandosi il dovere di lottare contro i soprusi e le ingiustizie.
Ci sono tante sinistre, oggi, in Italia: c’è la sinistra flaccida del Partito democratico, la sinistra deviata dei Vendola, la sinistra becera e “sfascista” dei Di Pietro, la sinistra delle grandi banche e quella delle lobby industriali. Ma dove è finita la sinistra che sta dalla parte del popolo, dalla parte dei lavoratori, dei giovani e dei deboli? Dove è, oggi, la sinistra che combatte l’illegalità e che difende i sani diritti della gente normale? Dove si sono nascosti coloro che dovrebbero, in questo tempo delicato e difficile, rappresentare la sinistra?
Non resta che l’ombra dei grandi uomini politici della sinistra, non rimane che l’ombra delle grandi lotte politiche della sinistra e non si scorge che l’ombra dei principi inossidabili della sinistra.
In odio a Silvio Berlusconi la sinistra attuale non sa che proporre slogan vuoti e privi di ogni significato: tutte le posizioni assunte dalla sinistra italiana, da vent’anni a questa parte, sono dettate dalla patologica volontà di marcare una distanza siderale rispetto alla “destra”. Se Berlusconi e Bossi dicono “x” la sinistra puntualmente dice “y”: per partito preso, senza troppi ragionamenti e senza avere a cuore il bene della gente.
La sinistra odierna procede, instancabile e malconcia, sul precipizio della volgare contrapposizione: giorno dopo giorno, i nipotini di Stalin e di Dossetti gettano fango puzzolente sulle vite dei loro avversari politici, definiti di volta in volta “mafiosi”, “pedofili”, “fascisti”, “retrogradi” e “razzisti”. Gradino dopo gradino la sinistra sta scendendo, con velocità impressionante, la scalinata della decenza per rifugiarsi nell’atrio triste del gossip più scadente. Difficilmente, procedendo in questo senso, la sinistra riuscirà a riappropriarsi della sua funzione storica: le onde del gossip più fetido e violento stanno già portando alla deriva la barca della sinistra. “Chi semina vento raccoglie tempesta”: se quel che dice il proverbio biblico è vero, il domani della sinistra sarà nuovamente rosso. Ma di vergogna.

Emanuele Pozzolo