mercoledì 21 luglio 2010

Vercelli cristiana, mai musulmana


Dallo scorso settembre, quando la Lega ha sollevato il problema della moschea a Vercelli, fino ad oggi la Lega e il sottoscritto si sono occupati quasi quotidianamente della vicenda del centro di culto islamico di corso Giovanni Paolo II: con rigore e serietà siamo stati l’unica forza politica ad opporci a chiare lettere alla costruzione di una moschea sul terreno comunale e, al contempo, siamo stati gli unici ad avviare un dialogo franco e sincero con la comunità islamica, rappresentata dall’Associazione “Assalam”.
In questi mesi il sottoscritto ha incontrato anche alcuni esponenti della comunità islamica cercando di comprendere le esigenze dei musulmani e cercando di trasmettere loro le nostre perplessità sulla scelta di costruire un luogo di culto islamico a Vercelli. I rapporti sono stati improntati sulla base di un reciproco rispetto e, speravo, di sincera collaborazione. Tanto che circa un mese fa durante un incontro col sindaco Corsaro proposi di trovare una soluzione al problema suddetto, utilizzando come punto di riferimento lo strumento del “patto di lealtà”, ossia una convenzione tra ente comunale e comunità islamica, già attuato a Novara dal sindaco leghista Massimo Giordano, che ha prodotto risultati, ad oggi, soddisfacenti.
La linea del dialogo serio e della lealtà cui la Lega, a Vercelli, ha finora improntato i suoi rapporti con la comunità islamica vercellese non ha prodotto i risultati sperati dato che i fatti dimostrano che gli islamici, da un lato ci chiedono collaborazione e spergiurano di rispettare la legge, e dall’altro se ne infischiano della legge e si fanno un baffo degli accordi presi.
Purtroppo infatti, nonostante nessuna norma di legge, nessuna sentenza e nessun permesso consenta ai membri dell’Associazione “Assalam” di fruire dei locali siti in Corso Giovanni Paolo II n. 34, l’utilizzo di tali locali è continuo e costante. Gli islamici si riuniscono settimanalmente per la loro preghiera rituale in un posto che, ad oggi, non ha ancora ottenuto permessi di alcun genere: la gravità della situazione si è fatta insostenibile anche perché ci risulta che gli islamici abbiano avviato dei lavori edili per ristrutturare l’edificio di loro proprietà. Ovviamente anche questi lavori necessiterebbero di permessi che, a quanto sappiamo, non sono mai stati ottenuti.
Siccome le gravose normative burocratiche edili vigenti in Italia non valgono solo per i cittadini italiani ma devono essere rispettate, a maggior ragione, anche dagli ospiti stranieri, noi chiederemo con forza alle competenti autorità di ordine pubblico e al Sindaco di Vercelli di interessarsi alla vicenda affinché venga posta la parola fine ad ogni illegalità.
Non è tollerabile che l’Associazione “Assalam” chieda una risoluzione politica condivisa della situazione e contemporaneamente lavori sottobanco per forzare la mano alle pubbliche autorità. Se la legge è uguale per tutti anche i signori islamici devono fare il piacere di rispettare le norme che sono a fondamento del vivere civile: non basta essere islamici per non rispettare la legge.
L’atteggiamento di ascolto e di dialogo che la Lega ha sin qui avuto nei confronti delle necessità della comunità islamica riprenderanno soltanto nel momento in cui gli ospiti islamici dimostreranno, coi fatti e non con le parole, di rispettare le leggi. Fino ad allora la Lega Nord vigilerà costantemente per evitare che qualche “furbo”, sotto il velo del pietismo e della falsa tolleranza, tenti di ottenere con le cattive quel che non è riuscito ad ottenere con le buone.

Emanuele Pozzolo
Capogruppo Lega Nord al Comune di Vercelli

giovedì 1 luglio 2010

Quando il razzismo lo subiamo noi


Per vedere quali risultati sociali ha prodotto certo buonismo galoppante e certo anti-razzismo a senso unico non occorre teorizzare più di tanto: basta viaggiare su uno qualunque degli schifosissimi treni che ogni giorno percorrono i binari delle ferrovie italiane.
Al nostro viaggiatore, munito di biglietto regolarmente pagato e obliterato, potrebbe capitare – come è effettivamente capitato alle nove di sera, qualche giorno fa – sulla tratta Torino-Milano, di assistere ad una scena a dir poco allucinante.
Il controllore, svolgendo le funzioni per le quali è assunto e pagato, passa sedile per sedile a domandare l’esibizione del biglietto da parte dei viaggiatori: c’è chi il biglietto si è “dimenticato” di obliterarlo, c’è chi il biglietto proprio non ce l’ha e c’è chi, invece, ha tutte le carte in regola per proseguire il viaggio.
Questa ultima categoria umana di viaggiatori – va detto, per inciso – è in netta diminuzione.
Così facendo il controllore, generalmente, multa i passeggeri, o furbi o sbadati, che non hanno obliterato il biglietto e intima a coloro che il biglietto non l’hanno neanche mai avuto di prepararsi per scendere alla stazione successiva. Così funziona per tutti: anche sulla tratta ferroviaria Torino-Milano.
Eppure, di questi tempi, può capitare di assistere alla scena di un ragazzo negro che – invitato a prepararsi a scendere dal treno, in quanto non possessore del regolare biglietto – si scaglia, con urla e insulti animaleschi, contro il controllore. Fin qui, molti diranno, nulla di nuovo.
Di sicuro ci sono anche molti italiani che tentano di fare i “furbi” e viaggiare gratis sui mezzi pubblici. E’ vero. Ed è un dato che, spesso, proprio questi furbetti nostrani si fingano anche offesi quando qualcuno li scopre.
Ma la parte più interessante e, al contempo, preoccupante di questa storia è quanto il ragazzo africano ha detto, durante la sfilza di improperi urlati, al controllore italiano. E’ questo il punto centrale di tutta la vicenda. Perché, dopo aver alzato la voce e dopo essersi dichiarato vittima di discriminazione, il ragazzo dalla pelle scura ha pronunciato la seguente frase, sempre indirizzata al povero controllore: “Vai a fare in culo bianco di merda”.
Questo colpo di finezza da parte dell’africano è stato addirittura sostenuto, da risate compiacenti e volgari, da parte di un altro gruppetto di maghrebini, anch’essi pronti ad essere sbattuti già dal treno in quanto non muniti di biglietto. Il tutto è stato subito da parte del controllore italiano con nervoso silenzio: la violenza verbale dell’africano è stata dignitosamente ingoiata dal lavoratore italiano.
Ecco a che punto siamo arrivati: a furia di farci esami di coscienza “anti-razzisti”, a furia di calare le braghe, a furia di tollerare tutto e di più, ora, siamo noi ad essere vittime dirette, a casa nostra, del razzismo altrui.
“Bianco di merda”: è questa la parte più inquietante di tutta questa brutta storia. Perché è da queste parole che viene a galla l’odio che una buona fetta degli immigrati che vivono nelle nostre città covano verso di noi.
Noi abbiamo aperto le porte delle nostre patrie a gente che, troppo spesso, non ha nessuna intenzione di integrarsi con noi: troppi immigrati non nascondono la loro insofferenza per le nostre regole, per la nostra identità e, ora, pure per il colore della nostra pelle.
Pensiamoci fino a che siamo in tempo: smettiamola di giocare a fare i buonisti di professione perché un giorno non lontano potremmo pentirci amaramente del nostro lassismo e della nostra iper-tolleranza.
E’ ora di reagire: e non si venga a dire che sono casi isolati. Perché caso su caso si formano dei veri e propri comportamenti di massa. Se servono le maniere dure ebbene che queste maniere dure vengano applicate: la politica deve rendersi conto che il “multiculturalismo” è una chimera ridicola e pericolosa.
Troppi immigrati girano per le nostre città con l’atteggiamento dei “signori” a casa d’altri: credono fermamente di essere loro i padroni di casa nostra. Molti di questi immigrati, che noi abbiamo accolto nelle nostre città, usano le nostre leggi come se fossero rotoli di carta igienica: hanno capito che tanto a loro nessuno può fare nulla se no si rischia l’oramai infamante accusa di razzismo.
I professionisti del “politically correct” non si stancano di ricordarci che non dovremmo usare la parola“negro”, peraltro per nulla dispregiativa, per non offendere la sensibilità del primo africano giunto da noi. Eppure tutto questo “anti-razzismo” militante pare rivolto esclusivamente a tutela delle popolazioni immigrate africane, arabe e asiatiche. Perché noi dobbiamo sentirci definire “bianchi di merda”.
Paradossalmente la moda “anti-razzista” ha prodotto una nuova forma di razzismo: quella dei negri contro i bianchi, quella degli allogeni contro gli autoctoni, quella delle minoranze contro le maggioranze. Se non ci svegliamo, e subito, quello ci aspetta è un futuro in cui saremo ospiti a casa nostra.

Emanuele Pozzolo