mercoledì 24 febbraio 2010

Serve una nuova generazione di politici cattolici


E’ da qualche tempo che la Chiesa cattolica lancia messaggi molto nitidi al mondo politico: Benedetto XVI nel 2008 ha auspicato l’avvento di una “nuova generazione di laici cristiani impegnati” e poche settimane fa, riprendendo e completando il pensiero del Papa, è intervenuto il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, affermando che risulta essere sempre più necessario “far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro a essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni”.
La Chiesa sta giustamente spingendo affinché chi si fregia dell’appellativo di “cattolico” in politica sappia affrontare le conseguenze di coerenza implicite in questa scelta di campo: il sogno di “una nuova leva di politici cattolici” è la richiesta ecclesiastica ufficiale indirizzata a voltare pagina rispetto all’attuale presenza politica di troppi “cattolici di comodo”.
Non è tollerabile che chi si definisce cattolico possa assumere posizioni politiche nettamente discordanti dalla Chiesa cattolica su temi essenziali come i “valori non negoziabili”: la difesa della vita umana dalla sua fase embrionale fino alla morte naturale rappresenta – come ha più volte magistralmente indicato Benedetto XVI – il terreno comune sul quale i cristiani devono impostare il loro impegno politico.
Troppo spesso molti sedicenti politici cattolici svendono le posizioni della Chiesa, senza troppe remore morali, sull’altare del compromesso partitico: la vecchia scuola democristiana della mediazione fine a se stessa ha ridotto la presenza dei cattolici in politica ad una congrega trasversale di mediatori professionisti.
Il ruolo del credente cattolico impegnato nella gestione della “res publica” dovrebbe essere un ruolo di testimonianza coraggiosa e inflessibile del Vangelo, sulla scorta delle chiare parole di Gesù: “Il vostro parlare sia sì, sì, no, no; il di più viene dal Maligno" (Mt 5,37).
Al contrario di quanto dovrebbe essere, troppo spesso, i politici cattolici hanno fatto del perbenismo e della moderazione sempre e comunque un fine assoluto: invertendo così il mezzo con il fine e dimenticandosi completamente del fine. Oggi, la Chiesa comprende quanto siano necessari uomini politici seri ed affidabili che sappiano rappresentare degnamente le istanze cristiane nell’agone politico: il tempo dei politicanti democristiani, che di cristiano avevano solo l’aggettivo qualificativo del partito, è inesorabilmente finito.
E’ tempo di voltare pagina: lo ha affermato con forza, nei giorni scorsi, anche il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, quando ha dichiarato senza mezzi termini che urge “una nuova generazione di politici cattolici impegnati a iniettare buona e nuova linfa nella società, orientandola alla virtù, con rettitudine e discernimento alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa”. Servono credenti che non confondano la politica con il partito e urgono politici che non diventino politicanti: l’impegno cattolico in politica non può più essere ricondotto a quei partitini che stanno cercando, affannosamente, di far risorgere un antico e sconquassato scudocrociato vendendosi al miglior offerente di poltrone.
Su troppi temi scottanti del nostro tempo – fecondazione artificiale, aborto, eutanasia, divorzio, coppie gay, pena di morte – i cattolici hanno paura di apparire reazionari: soprattutto i politici cattolici di scuderia democristiana fuggono ogni tipo di battaglia etica come un topo scappa dal gatto. Troppi cattolici impegnati in politica hanno paura della loro stessa ombra: il loro unico obiettivo è quello di vivere in pace col mondo.
E si sa che – come scrisse il pensatore cattolico colombiano Nicolas Gomez Davila – “ogni pace si compra con vigliaccherie”. Per i cattolici, questo, non è tempo di mediare, è tempo di testimoniare fino in fondo la propria fede per poter incidere nella società affermando senza paura il Vangelo: e per fare questo c’è assoluta urgenza dell’avvento di quella “nuova generazione di politici cattolici” che auspica la Chiesa.

Emanuele Pozzolo
Capogruppo Lega Nord al Comune di Vercelli

sabato 13 febbraio 2010

Stop alle false pensioni di invalidità!

Una delle macroscopiche ingiustizie italiane è la gestione “allegra” delle politiche sociali: politicanti di bassa tacca, dagli albori dell’Italia repubblicana, gestiscono i fondi assistenziali dello Stato e degli Enti pubblici per foraggiare il loro orticello di consensi personali.
E’ così da sempre. Al Sud soprattutto: è inutile negarlo. Se al numero di pensioni di invalidità erogate dallo Stato corrispondesse nel Paese il medesimo numero di effettivi invalidi saremmo una nazione-lazzaretto. Troppi cittadini sfruttano l’immoralità e l’illegalità di parte della classe dirigente per sottrarre indebitamente fondi assistenziali allo Stato. E’ un circolo vizioso contro il quale non sono sufficienti gli strali etici di qualche osservatore: serve rafforzare le pene previste per il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. E soprattutto serve applicare con rigore e serietà le norme penali già esistenti volte al contrasto di frode fiscale e truffa ai danni dello Stato.
E’ una recente ricerca dell’Inps a segnalare che in Italia ben 13 pensioni di invalidità su 100 sono false: si tratta di un dato molto negativo per una duplice serie di ragioni.
Stando ad un’ analisi prettamente etica della situazione non si può che condannare senza appello un malcostume vergognoso che porta a sottrarre alle casse dello Stato ingenti quantitativi di denaro pubblico destinati ad essere erogati a cittadini che vivono situazioni di sofferenza. Da un punto di vista più politico, invece, viene a delinearsi con chiarezza la necessità di studiare – a margine del già accennato inasprimento sanzionatorio – una riforma radicale ed organica di tutto il sistema socio-assistenziale italiano.
Tale eventuale ed auspicabile riforma non potrebbe che essere caratterizzata da una forte impronta federalista, dove ogni tipo di sussidio assistenziale o previdenziale venga erogato in base a criteri e controlli regionali. Questo passaggio – peraltro giuridicamente già possibile con la riforma del Titolo V della Costituzione risalente al 2001 e oggi ancor più con la progressiva attuazione del federalismo fiscale – rappresenterebbe una svolta epocale e senz’altro assai positiva in un ottica di razionalizzazione della spesa pubblica e di miglior coordinamento delle politiche sociali.
La possibilità per ogni singola regione italiana di scegliere – sulla base di livelli essenziali di assistenza stabiliti in ambito nazionale – criteri, modalità e misure di interventi assistenziali meglio rispondenti alle peculiari esigenze di ogni territorio potrebbe essere la nuova frontiera delle politiche sociali italiane.
Gli enti nazionali come l’Inps costituiscono ad oggi dei veri e propri carrozzoni pubblici dalla dubbia efficienza e dall’ancor più dubbia economicità: meglio sarebbe la creazione di più snelli istituti regionali volti alla gestione di tutte le pratiche inerenti al settore assistenziale e previdenziale della regione stessa. Proprio lo sviluppo – accanto ad un compiuto disegno di federalismo fiscale – di una nuova modalità di gestione regionale delle politiche sociali potrebbe consentire di evitare, o quantomeno di porre un freno, all’eclatante malcostume del clientelismo. Inoltre, un nuovo sistema socio-assistenziale organizzato su base regionale consentirebbe di responsabilizzare maggiormente tutte quelle regioni in cui, misteriosamente, gli attuali interventi di carattere assistenziale erogati dallo Stato sono assai inflazionati rispetto al dato medio nazionale.
Ancora una volta la ricetta sta nel Federalismo che significa più responsabilità per i politici, più efficienza per le amministrazioni e più attenzione ai veri problemi dei cittadini.

Emanuele Pozzolo
Capogruppo Lega Nord al Comune di Vercelli

martedì 2 febbraio 2010

La Lega attenta ai problemi della gente


Ordine del giorno presentato dalla Lega Nord al Consiglio Comunale di Vercelli che si terrà mercoledì 3 febbraio alle 14,30 presso il Municipio di Vercelli.

Vercelli, 3 febbraio 2010
All’Ill.mo Presidente del Consiglio
Comunale di Vercelli;
e p.c. all’Ill.mo Sindaco di Vercelli

Ordine del giorno

Il Consiglio Comunale di Vercelli,

premesso che:

a causa della crisi finanziaria ed economica globale che sta caratterizzando l’attuale momento storico si manifestano, anche nella nostra città, gravi fenomeni di povertà economica e degrado sociale, talvolta aggravati dalla scarsità di prodotti alimentari a disposizione delle famiglie e degli individui;

considerato che:

- sempre con maggiore frequenza si assiste alla triste visione di persone che, in cerca di prodotti alimentari, sono costrette a rovistare nei cassonetti dell’immondizia per trovare qualche rifiuto commestibile e che, al contempo, un consistente quantitativo di prodotti alimentari a lunga e media conservazione, in prossimità di scadenza, vengono smaltiti dai supermercati e dai negozi cittadini come rifiuti;
- il problema del disagio abitativo non investe più solo le fasce di popolazione in condizioni di povertà, ma raggiunge, in modo sempre più evidente, un'ampia parte della popolazione che, per ragioni diverse, può improvvisamente passare da una situazione di stabilità economica ad una condizione di fragilità e vulnerabilità sociale;
- un sempre più crescente numero di persone perde il proprio posto di lavoro, per molti unica fonte di reddito, e fatica a trovare altre occasioni lavorative;

esprime

- la volontà di sostenere tutte le azioni concrete, poste in essere dall’Amministrazione comunale, – in collaborazione con gli enti no-profit cattolici e laici impegnati nel sociale – utili ad intervenire in senso caritatevole, in tempi ragionevoli, verso le famiglie e le persone che sono maggiormente colpite dalla carenza di prodotti alimentari e dal disagio abitativo;
- la volontà di implementare il suddetto impegno rafforzando il sostegno, anche economico, alle associazioni solidaristiche e di volontariato attive nel territorio comunale e pensando a nuove forme di intervento volte ad incentivare anche i privati cittadini e gli enti commerciali ad un uso responsabile delle risorse disponibili indirizzato ad evitare sprechi, in particolare modo dei prodotti alimentari;
- la volontà di dare avvio a nuovi progetti di edilizia sociale in cui il soggetto pubblico assuma un ruolo di regia e di proposizione, promuovendo politiche integrate che realizzino un sistema di partenariato tra pubblico e privato finalizzato a sperimentazioni finora quasi inesplorate come sul modello di diversi paesi europei;
- la volontà di sostenere la scelta dell’Amministrazione comunale riguardante l’avvio dei lavori per la destinazione di un edificio pubblico a dormitorio comunale temporaneo per le famiglie e i cittadini che, in seguito a pratiche di sfratto, hanno perso o perderanno la casa;

INVITA il Sindaco e la Giunta Comunale:

- a continuare a realizzare con atti e progetti amministrativi concreti le suddette proposte d’indirizzo, in coerenza con le linee programmatiche dell’Amministrazione comunale;
- a svolgere un ruolo attivo, attraverso la predisposizione di tutti gli atti e gli strumenti possibili e necessari, affinché sia assicurata la dovuta solidarietà alle famiglie e ai cittadini in difficoltà economica, con precedenza per le famiglie e i cittadini italiani.

Emanuele Pozzolo
Capogruppo della Lega Nord