sabato 11 aprile 2009

Nel Pdl non sono più gradito

A margine dell’ ottimistico tripudio a cui assistiamo per la nascita del Popolo della Libertà devo levare una voce dissonante rispetto al resto del coro: a me questo nuovo raggruppamento non entusiasma, né a livello nazionale né (tantomeno) a livello locale.
L’idea berlusconiana di creare una “fusione” delle varie anime dei moderati e dei conservatori italiani, pur positiva sulla carta, viene a scontrarsi con l’immancabile logica partitocratica e personalistica di molti politicanti: è possibile che il Pdl raccolga nel breve periodo ampi consensi legati ad un voto eminentemente personale a favore di Silvio Berlusconi. Ma tale progetto manca, a mio avviso, di sostanza e di serietà.
L’impostazione assolutamente personalistica del suddetto neonato progetto politico ne denota già chiaramente i limiti: una volta che Berlusconi dovesse venire meno (non avendo ricevuto anche il dono dell’immortalità) tale ibrido agglomerato inevitabilmente si squaglierà come neve al sole.
La preoccupazione più grave riguarda l’impostazione etica del Popolo della Libertà: va benissimo semplificare il quadro politico, ma come possono convivere pacificamente nello stesso partito uomini liberali, cattolici, e autentici conservatori con chi fino a vent’anni fa farneticava ancora a proposito di “fascismo del duemila”? Come possono dei moderati e dei cattolici militare o votare un partito che annovera tra i suoi massimi esponenti Gianfranco Fini, ossia colui che rappresenta oggi in Italia il più autorevole portavoce del laicismo di stampo radicale? Come è possibile conciliare la dinamicità e la creatività tipica di certa impostazione berlusconiana con la grigia mentalità post-squadrista dei tristi epigoni dell’estremismo neofascista italiano? Domande retoriche la cui risposta è chiara: gli unici collanti che – per ora – tengono assieme tali personaggi rischiano di essere il potere e l’interesse personale. E null’altro.
Quel che più colpisce negativamente, rispetto ai primi vagiti del Pdl, sono però i rigurgiti personalistici e gli egoismi che soprattutto a livello locale non hanno già mancato di evidenziarsi. Affermo questo per esperienza personale: infatti qualche giorno fa il mio amico Roberto Rosso ha dovuto farmi sapere, non senza imbarazzo, che all’interno del Pdl vercellese la mia presenza non era più gradita. L’ex presidente vercellese di An, signor Alberto Cortopassi, avrebbe posto un irremovibile veto sulla presenza del sottoscritto all’interno del Pdl.
Le mie posizioni radicalmente critiche verso la linea politica seguita dai finiani sarebbero la ragione di tale mia esclusione. Esclusione che riguarda, ovviamente, anche la mia presenza nella lista del Pdl in appoggio al Sindaco Andrea Corsaro. Faccio sommessamente notare che la mia presenza in tale lista mi era stata annunciata precedentemente sia da Roberto Rosso che da Andrea Corsaro. Evidentemente il peso specifico del signor Cortopassi all’interno del neonato partito è talmente rilevante da consentirgli di ergersi a incontrastato censore dello stesso: nonostante non mi risulti che egli abbia mai ricevuto legittimazione a svolgere tale ruolo da alcun organismo interno del partito. E’ giusto che gli elettori del Pdl vercellese sappiano chi guida davvero il partito che votano: il Popolo della Libertà, a Vercelli, è caduto nelle mani di personaggi che provengono da un mondo politico che con la libertà hanno poco o nulla a che vedere.
Fino a qualche tempo fa continuavo a stupirmi dei comportamenti di certe persone: oggi, invece, non mi stupisco più di nulla. Perché chi fa politica solo per poter portare a casa il suo stipendio non sa certo andare oltre i suoi limitati orizzonti: quando si fa politica perché nella vita non si è saputo fare nient’altro, è ovvio che si tenda a difendere con le unghie e coi denti il proprio umilissimo orticello.
A differenza di altri io vedo la politica come un servizio a difesa di quei valori e di quelle idee che sento miei: il sottoscritto non ha bisogno della politica per mangiare, grazie a Dio. Io ho sempre detto e scritto tutto quello che penso, senza timore di nessuno. Continuerò a farlo: certamente non più al servizio di chi la libertà la usa solo come marchio elettorale.
(Lettera pubblicata su "La Sesia" del 10 aprile 2009)

mercoledì 8 aprile 2009

Non sono un soldatino

Non sono fatto per le caserme, nè sono portato a trasformarmi in lacchè all'occorrenza. Non ho mai avuto il dono di una spiccata ubbidienza: mai, fin da bambino. Il mio motto preferito è il sempreverde "me ne frego".
Mi è sempre piaciuto dire tutto quel che penso. Ho sempre scritto tutto quello che la mia coscienza mi ha dettato, senza guardare in faccia a nessuno.
A qualcuno questa mia impostazione può dare fastido: lo comprendo. Senza dubbio in politica, alla luce dei fatti, tale mia peculiarità infastidisce assai. Infastidisce soprattutto i più lenti e i più tardi: coloro che sanno solo strisciare faticano ad accettare che qualcuno possa volare un po' più in alto.
Chi vive alle spalle della società lucrando sulla politica partitica non può tollerare che la politica possa accidentalmente diventare quel che in realtà dovrebbe essere: cioè il luogo preposto alla battaglia tra le idee.
La politica, per i viscidi elementi da segreteria, è uno spazio protetto: nessuno che abbia un minimo di autonomia o di intelligenza può avvicinarsene.
Solo i coglioni o i lobotomizzati hanno le porte spalancate.
Chi invece volesse impegnare le sue energie e il suo cervello al servizio della politica, e in definitiva al servizio del suo popolo, troverebbe (trova e troverà) la porta blindata. Chiusa, inaccessibile.
Perchè? Forse perchè il politico medio non ha altra ambizione oltre a quella di stare ben attento che attorno a lui non possano crearsi le condizioni che consentano la crescita di altri individui.
Chi è consapevole della sua limitatezza culturale e intellettuale ha la terribile paura del confronto con gli altri: e a ragione. Immaginate quanti sono i falliti nella vita che, senza alcuna spinta ideale, fanno politica per ripiego perchè altro non sanno fare. Fermatevi un attimo a riflettere quanti sono coloro che senza lo stipendio collegato a cariche o nomine politiche non mangerebbero.
Sono tanti questi poveretti. Dico poveretti perchè un uomo che dipende in tutto e per tutto dalla politica partitica non può avere autonomia di scelta e, in definitiva, non può avere libertà.
Cosa mai può essere un uomo politico senza autonomia e senza libertà se non un ridicolo soldatino manovrato dal partito di turno? Rifletteteci.
E tenetevi alla larga dai soldatini: sono armati e sparano a comando.
Fanno solo danni: senza avere altri orizzonti che il loro sitpendio.
Se cercate uno stipendio non fate politica: di marionette ce ne sono già in abbondanza. Quel che serve oggi sono persone libere. Da tutto.