lunedì 4 ottobre 2010

Di Pietro semina odio e l'Italia rischia di raccogliere sangue


L’attentato a Maurizio Belpietro, direttore di Libero, è il risultato ovvio della campagna d’odio che alcune forze politiche hanno inaugurato da qualche tempo a questa parte. Mentre ad Umberto Bossi e a Silvio Berlusconi non vengono risparmiate nemmeno le battute più innocenti, a molti altri politicanti romani vengono condonate molte affermazioni cariche d’intolleranza e di violenza.
Uno dei politici che più si sta distinguendo per il suo volgare “squadrismo verbale” è senza dubbio Antonio Di Pietro: il noto dislessico politico italiano non perde occasione per usare i suoi spazi pubblici come fossero ghigliottine. Ogni affermazione del leader giustizialista puzza di violenza: contro Bossi, contro Berlusconi, contro Napolitano, insomma contro tutto e tutti. Di Pietro, sia ben chiaro, non è l’unico ad usare le parole come fossero ghigliottine sanguinolente: non sono da meno i vari Travaglio, Santoro e compagnia rossa.
Anche qualche “chierichetto” del Pd, talvolta, scivola nella spirale della “guerra civile permanente”: la superiorità morale di berlingueriana memoria, molto sbandierata dai vari Bersani e dalle varie Bindi, è la faccia perbenista dell’odio politico. Quando si va in giro, per le strade e le piazze d’Italia, a dire che da una parte ci sono i “buoni” e dall’altra ci sono i “cattivi” è naturale che qualcuno prenda il discorso alla lettera e, sentendosi un giustiziere, agisca.
L’Italia non è nuova a questo clima, purtroppo. Negli anni Settanta è stato troppo il sangue che ha inzuppato la coscienza del nostro Paese: morti di tutte le età e di tutti i colori hanno pagato caro il prezzo delle ideologie che si fanno assassine. Sarebbe meglio evitare, oggi, di ripercorrere quella strada.
Fermiamoci. E invece di inquisire moralmente Bossi e Berlusconi per battute ironiche o goliardiche, vediamo di comprendere da dove giungono i proiettili e le bombe molotov: non arrivano né dalle parti di Bossi né da quelle di Berlusconi. Giungono da altri lidi, meno propensi all’ironia.
E’ questo il punto di tutta la discussione: mentre qualcuno farnetica a proposito di “regime berlusconiano” o di “razzismo leghista”, altri stanno cavalcando l’odio ignorante, esaltato dai vari aedi della ghigliottina, per trasformarlo in terrorismo.
A Milano non c’è stato un cortese scambio di idee: ma è stato premuto il grilletto di una pistola. E solo grazie a Dio non è accaduta la disgrazia. Qualcuno dovrebbe riflettere bene sull’accaduto e capire che gli unici “stupratori della democrazia” sono quei politici che non sanno distinguere la legittima opposizione politica dalla violenza verbale, per nulla ironica, che arma la mano di certi terroristi.
Il clima d’odio, alimentato dalla sinistra e da certi ambienti della pseudo-destra giustizialista, sta producendo frutti molto amari, che potrebbero divenire presto indigesti: coloro che persistono nella volontà di “militarizzare” lo scontro politico, per fermare la stagione delle riforme, si macchiano della responsabilità politica e morale di quanto sta accadendo.
Senza sconti e senza timori reverenziali dobbiamo avere il coraggio di dire basta a chi tenta di trasformare la nostra democrazia in un mattatoio: non sarà la ghigliottina che molti invocano a migliorare il nostro Paese. Urge un “esame di coscienza” molto approfondito per tutti quei politici che brandiscono la bandiera dell’intolleranza come fosse un vessillo d’onore. Urge comprendere, da parte di tutti, che la libertà è manifestazione plurale di differenti “visioni del mondo”, anche antitetiche tra loro. Urge affermare, infine, che chiunque impugni una pistola per fermare le idee altrui è un terrorista che non merita nulla se non di passare il resto dei suoi giorni in una galera. Senza sconti.

Emanuele Pozzolo

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