mercoledì 9 giugno 2010

Torniamo alla legge


In un tempo, come il nostro, dove l’autorità dello Stato è messa sempre più in discussione da ragionamenti pseudo-garantisti c’è bisogno di attuare un vero e proprio programma di restaurazione del concetto stesso di autorità. Oggi, troppo spesso, la legge viene messa tra parentesi in nome della sociologia buonista: sta prendendo piede una nuova preoccupante ideologia giuridica che potrebbe essere denominata “giustificazionismo sociologico” dell’illegalità.
Secondo i dogmi di questo nuovo metodo d’osservazione giuridica dell’esistente vi sarebbero cause giustificative per ogni tipo di forma d’illegalità. Un romeno stupra una donna? Il giustificazionista ci spiega amabilmente che le genti dell’est sono biologicamente più portate alla violenza. Una banda di negri mette a ferro e fuoco una cittadina calabrese? Il giustificazionista è lieto di farci ragionare in merito alle cause sociologiche di estremo disagio in cui versano i rivoltosi. Dei pazzi terroristi islamici si fanno saltare in aria in un luogo pubblico uccidendo centinaia di innocenti? Il giustificazionista ci dice che in fondo è una risposta un po’ troppo radicale ma comunque comprensibile all’imperialismo occidentale.
Viviamo in un momento storico in cui a livello etico, giuridico e politico si assiste ad un vero e proprio cortocircuito tra cause ed effetti. Il concetto stesso di sanzione – che la violazione della legge comporta – è costantemente messo in discussione, relativizzato e depauperato da ragionamenti che fondano le loro fumose argomentazioni su discutibilissime premesse sociologiche. Ogni tipo di devianza o di errore viene oggi giustificato sulla scorta di una valutazione socio-economica del soggetto agente: il senso di responsabilità personale – concetto sul quale si fonda tutto il diritto occidentale – è pressoché scomparso.
Ma davvero riteniamo che la legge debba essere confezionata, o peggio soppesata, su misura per ogni tipo di situazione sociologica? Se riconosciamo che il principio di uguaglianza della legge è ancora la stella polare dell’agire giuridico moderno dobbiamo comprendere che poco importano le condizioni socio-economiche dell’eventuale autore dell’illecito: la legge deve punire con lo stesso metro e con lo stesso rigore.
E’ chiaro che se chi ruba una mela è un nullatenente il giudizio etico negativo sul furto stesso risulta decisamente attenuato dallo stato di bisogno del soggetto agente. Non deve però risultare attenuato il giudizio giuridico sull’illecito commesso: perché se si tenesse per buona, nell’applicazione della sanzione, la scusante dello stato di bisogno allora si assisterebbe ad una relativizzazione totale della legge.
Il diritto occidentale deriva, volente o nolente, dai Dieci Comandamenti: la tavola delle norme dettata da Dio agli uomini non conteneva alcuna variante sociologica degli imperativi in esse contenute. L’obiettività della norma è stata la costante dello sviluppo del diritto europeo. E’ con il moderno affermarsi dell’illuminismo giuridico che si è progressivamente assistito ad una relativizzazione sostanziale del concetto di legge.
La situazione che progressivamente sta prendendo piede in Europa, ma soprattutto in Italia, è preoccupante: perché accanto alla sopracitata volontà di accampare scuse sociologiche per giustificare ogni tipo di illecito, sta prendendo piede una vera e propria moda denigratoria nei confronti della legittima difesa. La tendenza a parlare di “autodifesa” e non più di “legittima difesa” è già di per sé indicativo del fatto che si tenda a non considerare i comportamenti volti alla difesa della propria persona, della propria famiglia e della propria proprietà come un diritto. Al contrario di quanto va di moda affermare nell’universo giuridico moderno – e sulla scia delle parole del giurista ligure Vittorio Mathieu – è giusto classificare la “legittima difesa” come un dovere e non soltanto come un diritto: “Si può giungere ad uccidere per esercitare un dovere: e la legittima difesa è un caso di questo genere”.
Davanti al deflagrare chiassoso del “giustificazionismo sociologico” serve riscoprire l’essenza ferma della legge. Non è il giudice che deve ristabilire ex post l’uguaglianza: il giudice deve limitarsi a stabilire la veridicità dei fatti ed, eventualmente, applicare la sanzione prevista. Chi deve agire per migliorare la società è il politico: è quest’ultimo che deve cercare di rimuovere gli ostacoli che si frappongono tra una vita dignitosa e il rispetto della legge.
E’ indispensabile recuperare al più presto il senso di autorità dello Stato. Senza scordare il dovere alla difesa che spetta ad ogni uomo, perché – come scrisse Ernst Junger – “l’inviolabilità del domicilio si fonda sul capofamiglia che si presenta sulla soglia di casa brandendo la scure”.

Emanuele Pozzolo

2 commenti:

Fabio Ferrari ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Fabio Ferrari ha detto...

Gentile Pozzolo, ho tentato di inserire qui il commento, ma risultava troppo lungo. Ho deciso quindi di pubblicarlo sul mio blog linkando il suo post.
Cordialità
Fabio Ferrari

http://ilprofilo.blogspot.com/2010/09/la-lega-e-la-legge-dialogo-con-emanuele.html