E’ da qualche tempo che la Chiesa cattolica lancia messaggi molto nitidi al mondo politico: Benedetto XVI nel 2008 ha auspicato l’avvento di una “nuova generazione di laici cristiani impegnati” e poche settimane fa, riprendendo e completando il pensiero del Papa, è intervenuto il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, affermando che risulta essere sempre più necessario “far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro a essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni”.
La Chiesa sta giustamente spingendo affinché chi si fregia dell’appellativo di “cattolico” in politica sappia affrontare le conseguenze di coerenza implicite in questa scelta di campo: il sogno di “una nuova leva di politici cattolici” è la richiesta ecclesiastica ufficiale indirizzata a voltare pagina rispetto all’attuale presenza politica di troppi “cattolici di comodo”.
Non è tollerabile che chi si definisce cattolico possa assumere posizioni politiche nettamente discordanti dalla Chiesa cattolica su temi essenziali come i “valori non negoziabili”: la difesa della vita umana dalla sua fase embrionale fino alla morte naturale rappresenta – come ha più volte magistralmente indicato Benedetto XVI – il terreno comune sul quale i cristiani devono impostare il loro impegno politico.
Troppo spesso molti sedicenti politici cattolici svendono le posizioni della Chiesa, senza troppe remore morali, sull’altare del compromesso partitico: la vecchia scuola democristiana della mediazione fine a se stessa ha ridotto la presenza dei cattolici in politica ad una congrega trasversale di mediatori professionisti.
Il ruolo del credente cattolico impegnato nella gestione della “res publica” dovrebbe essere un ruolo di testimonianza coraggiosa e inflessibile del Vangelo, sulla scorta delle chiare parole di Gesù: “Il vostro parlare sia sì, sì, no, no; il di più viene dal Maligno" (Mt 5,37).
Al contrario di quanto dovrebbe essere, troppo spesso, i politici cattolici hanno fatto del perbenismo e della moderazione sempre e comunque un fine assoluto: invertendo così il mezzo con il fine e dimenticandosi completamente del fine. Oggi, la Chiesa comprende quanto siano necessari uomini politici seri ed affidabili che sappiano rappresentare degnamente le istanze cristiane nell’agone politico: il tempo dei politicanti democristiani, che di cristiano avevano solo l’aggettivo qualificativo del partito, è inesorabilmente finito.
E’ tempo di voltare pagina: lo ha affermato con forza, nei giorni scorsi, anche il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, quando ha dichiarato senza mezzi termini che urge “una nuova generazione di politici cattolici impegnati a iniettare buona e nuova linfa nella società, orientandola alla virtù, con rettitudine e discernimento alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa”. Servono credenti che non confondano la politica con il partito e urgono politici che non diventino politicanti: l’impegno cattolico in politica non può più essere ricondotto a quei partitini che stanno cercando, affannosamente, di far risorgere un antico e sconquassato scudocrociato vendendosi al miglior offerente di poltrone.
Su troppi temi scottanti del nostro tempo – fecondazione artificiale, aborto, eutanasia, divorzio, coppie gay, pena di morte – i cattolici hanno paura di apparire reazionari: soprattutto i politici cattolici di scuderia democristiana fuggono ogni tipo di battaglia etica come un topo scappa dal gatto. Troppi cattolici impegnati in politica hanno paura della loro stessa ombra: il loro unico obiettivo è quello di vivere in pace col mondo.
E si sa che – come scrisse il pensatore cattolico colombiano Nicolas Gomez Davila – “ogni pace si compra con vigliaccherie”. Per i cattolici, questo, non è tempo di mediare, è tempo di testimoniare fino in fondo la propria fede per poter incidere nella società affermando senza paura il Vangelo: e per fare questo c’è assoluta urgenza dell’avvento di quella “nuova generazione di politici cattolici” che auspica la Chiesa.
Emanuele Pozzolo
Capogruppo Lega Nord al Comune di Vercelli
La Chiesa sta giustamente spingendo affinché chi si fregia dell’appellativo di “cattolico” in politica sappia affrontare le conseguenze di coerenza implicite in questa scelta di campo: il sogno di “una nuova leva di politici cattolici” è la richiesta ecclesiastica ufficiale indirizzata a voltare pagina rispetto all’attuale presenza politica di troppi “cattolici di comodo”.
Non è tollerabile che chi si definisce cattolico possa assumere posizioni politiche nettamente discordanti dalla Chiesa cattolica su temi essenziali come i “valori non negoziabili”: la difesa della vita umana dalla sua fase embrionale fino alla morte naturale rappresenta – come ha più volte magistralmente indicato Benedetto XVI – il terreno comune sul quale i cristiani devono impostare il loro impegno politico.
Troppo spesso molti sedicenti politici cattolici svendono le posizioni della Chiesa, senza troppe remore morali, sull’altare del compromesso partitico: la vecchia scuola democristiana della mediazione fine a se stessa ha ridotto la presenza dei cattolici in politica ad una congrega trasversale di mediatori professionisti.
Il ruolo del credente cattolico impegnato nella gestione della “res publica” dovrebbe essere un ruolo di testimonianza coraggiosa e inflessibile del Vangelo, sulla scorta delle chiare parole di Gesù: “Il vostro parlare sia sì, sì, no, no; il di più viene dal Maligno" (Mt 5,37).
Al contrario di quanto dovrebbe essere, troppo spesso, i politici cattolici hanno fatto del perbenismo e della moderazione sempre e comunque un fine assoluto: invertendo così il mezzo con il fine e dimenticandosi completamente del fine. Oggi, la Chiesa comprende quanto siano necessari uomini politici seri ed affidabili che sappiano rappresentare degnamente le istanze cristiane nell’agone politico: il tempo dei politicanti democristiani, che di cristiano avevano solo l’aggettivo qualificativo del partito, è inesorabilmente finito.
E’ tempo di voltare pagina: lo ha affermato con forza, nei giorni scorsi, anche il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, quando ha dichiarato senza mezzi termini che urge “una nuova generazione di politici cattolici impegnati a iniettare buona e nuova linfa nella società, orientandola alla virtù, con rettitudine e discernimento alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa”. Servono credenti che non confondano la politica con il partito e urgono politici che non diventino politicanti: l’impegno cattolico in politica non può più essere ricondotto a quei partitini che stanno cercando, affannosamente, di far risorgere un antico e sconquassato scudocrociato vendendosi al miglior offerente di poltrone.
Su troppi temi scottanti del nostro tempo – fecondazione artificiale, aborto, eutanasia, divorzio, coppie gay, pena di morte – i cattolici hanno paura di apparire reazionari: soprattutto i politici cattolici di scuderia democristiana fuggono ogni tipo di battaglia etica come un topo scappa dal gatto. Troppi cattolici impegnati in politica hanno paura della loro stessa ombra: il loro unico obiettivo è quello di vivere in pace col mondo.
E si sa che – come scrisse il pensatore cattolico colombiano Nicolas Gomez Davila – “ogni pace si compra con vigliaccherie”. Per i cattolici, questo, non è tempo di mediare, è tempo di testimoniare fino in fondo la propria fede per poter incidere nella società affermando senza paura il Vangelo: e per fare questo c’è assoluta urgenza dell’avvento di quella “nuova generazione di politici cattolici” che auspica la Chiesa.
Emanuele Pozzolo
Capogruppo Lega Nord al Comune di Vercelli