domenica 21 agosto 2011

Basta con la politica dei ciarlatani


Esprimo il mio più profondo apprezzamento per le sagge e coraggiose parole pronunciate da Padre Enrico Masseroni durante l’omelia dello scorso 1° agosto, festa del nostro santo patrono Eusebio.
In tale occasione, alla presenza del Segretario di Stato vaticano, Cardinale Tarcisio Bertone, il nostro Arcivescovo ha voluto giustamente rimarcare l’importanza della “sfida educativa” all’interno della complessa cornice sociale rappresentata dal nostro tempo: tra i diversi spunti proposti da Padre Enrico Masseroni il vibrante richiamo alla “dignità” di coloro che si occupano di politica mi è parso estremamente puntuale e degno di sottolineatura.
Anzitutto coloro che si occupano di politica, infatti, dovrebbero sforzarsi di agire, al di là delle contrapposizioni di carattere partitico (quasi mai degne di attenzione), con particolare riguardo nei confronti della Verità: poco importano oramai le etichette ideologiche che tanti drammi hanno procurato alla storia dell’uomo. Quel che urge riscoprire è l’essenza più nobile, alta e sincera dell’agire politico, ossia la volontà di servizio e di testimonianza del messaggio di Gesù Cristo.
La politica si trova oggi sull’orlo del precipizio, o detto altrimenti, al principio della propria fine. Perché una politica che pensi di poter prescindere dall’etica, dai princìpi e dagli ideali è una non-politica, è la negazione della politica: è la fine della politica.
È indispensabile, oggi, che l’azione dell’uomo politico sia ispirata ad un’etica del bene comune, un’etica che si fondi su quei valori eterni inscritti nell’essenza stessa della creatura umana: prima ancora che vengano declinandosi le idee politiche è necessario venga a formarsi un’etica della politica. Un’etica deontologica che sia il comune denominatore dell’agire politico di ogni uomo, di ogni partito e di ogni istituzione.
Sarebbe utile avviare una serena e pacata riflessione, soprattutto tra i cattolici impegnati in politica, a proposito dei risultati drammatici che l’andare in ordine sparso (politicamente parlando) ha fino ad ora provocato.
Un ritorno alla centralità dell’apostolato religioso attivo – fedele al Magistero – si fa, giorno dopo giorno, sempre più necessario in una realtà sociale ormai pressoché totalmente secolarizzata come la nostra: è la storia, oltre alle esigenze spirituali di ognuno di noi, che ci indica questa via per tentare di frenare la pervicace decadenza del mondo moderno che vive, per dirla con Joseph Ratzinger, “come se Dio non esistesse”, abbandona ogni barlume di identità cristiana e lascia le porte aperte al nichilismo più violento e a forme patologiche di fanatismo religioso.
Da cattolici dobbiamo guardare negli occhi il tempo in cui siamo chiamati a vivere, non cercando in tutti i modi di adattarci ad esso per essere a tutti i costi ben voluti dal prossimo, ma tentando di essere efficaci e credibili testimoni di quel Gesù Cristo la cui presenza nella storia è l’unica speranza per l’uomo e per la civiltà.
Scrive Massimo Introvigne: “Non basta condannare le deviazioni. Occorre che nasca un’azione sociale e politica dei cattolici che parta dall’autentica figura di Gesù Cristo e dalla dottrina enunciata dal Magistero”. La frontiera ultima dell’impegno politico di un credente non può che essere il tentativo di plasmare, secondo i precetti evangelici e sotto l’illuminata guida della Chiesa cattolica, la società umana: è perciò necessario pensare a nuove forme di espressione e di servizio politico.
L’attuale moderna società dominata dalla finanza e dalla tecnica sta sferrando un attacco senza precedenti verso quei “valori non negoziabili” intelligentemente e profeticamente indicati da Benedetto XVI come presupposti irrinunciabili per una società che voglia dirsi civile e umana: di questo vorremmo che la politica potesse occuparsi, invece che di squallide e pietose beghe da comare.
Altrimenti, come ha affermato il nostro Arcivescovo, la politica non potrà che essere (cosa che in gran parte oggi è) un’attività capace esclusivamente di suscitare rabbia o, al massimo (quando va bene), gioconda ironia.


Emanuele Pozzolo
Consigliere comunale di Vercelli